giovedì 21 gennaio 2016

E io che c'entro?

Dove mi presento, ma resto sul vago, e comincio a darmi le arie

Avevo 14 anni quando mi si bloccò la schiena per la prima volta. Stavo correndo sotto la pioggia - non ero matto, era atletica leggera - quando stak! Tutto insieme un blocco tra le scapole mi costrinse a fermarmi e a tornare indietro quasi strisciando. Da quel momento cominciarono tutta una serie di visite specialistiche, ortopedici di vario calibro, dalle quali uscì fuori con sicurezza che avevo una spondilolistesi, e con altrettanta sicurezza che nessuno sapeva davvero cosa farne. I più truci mi consigliavano di operarmi, nella loro clinica privata, sgarrando davanti e arrivando a martellare le vertebre dopo aver spostato le viscere; i più possibilisti dissero che se riuscivo a convivere con il dolore - nel frattempo anche il nervo sciatico si era infiammato, e tanto - avrei fatto meglio a non toccare niente. Il più possibilista di tutti era anche il più famoso ed esperto.
"Parecchie persone hanno la spondilolistesi, e la maggior parte di loro neanche se ne accorgono. Il difetto fisico si può correggere con l'operazione, ma il dolore al nervo sciatico non è necessariamente collegato allo spostamento anomalo delle vertebre. Rischi di operarti e poi tenerti comunque il dolore."

Non mi sono operato, e mi sono tenuto il dolore, fino a quando non sono capitato tra le mani di tale Giancarlo, amico di mia madre, agopuntore.
"Posso provare a fare qualcosa" mi disse. E mi fece sdraiare prono. Cominciò a tirar fuori aghi a decine, e a infilarli. Ne avevo alcuni, 4-5, nelle pieghe dell'orecchio, tanti altri lungo tutta la colonna vertebrale e la coscia e gli ultimi giù, sul mignolo del piede destro. Mi lasciò lì una ventina di minuti, e nella penombra gli aghi cominciarono come a vibrare, un ronzio ipnotizzante, a partire dai più centrali verso i più esterni, con una sensazione di unità che andò a delineare una sorta di linea solida.
Ripetei quelle sedute per un paio di mesi, forse, mano mano che il dolore scemava e poi spariva del tutto, finché alla fine non rimase che il ricordo. Questo fu il mio primo, superficiale incontro con la medicina tradizionale cinese, e il primo stimolo a conoscere di più su una piccola parte di essa, quella legata agli tsubo e ai meridiani.

A distanza di anni, lo Zen shiatsu è la mia risposta a questo stimolo. Niente aghi, ma pressioni calibrate. Gli tsubo (i singoli punti) sono secondari rispetto alla linea vera e propria, e il significato di questa va oltre il semplice tessuto muscolare. Il ronzio quasi musicale che sentivo, in quei lunghi pomeriggi, ondeggiare lungo la mia schiena è lo stesso suono che cerco di ricreare percorrendo i meridiani durante il mio lavoro. Parlo per metafore, ovvio, sono solo - forse - immagini mentali perfezionate nei secoli per favorire la concentrazione. Ma funzionano, e questo mi basta.
E, ora lo lo so, quegli aghi delineavano il meridiano di vescica urinaria. Buon riposo.

martedì 19 gennaio 2016

Perché 'sto blog

Dove inizio l'avventura

Un blog è spesso un luogo dove unire piacevolmente - per lo scrittore,  al lettore non ci pensa mai nessuno - l'inutile al dilettevole. Non mi discosto da tale moda: scrivere mi piace,  e un po' me la cavo. Per lavoro,  poi, mi diletto con lo shiatsu e con il sotai, che non son due parole brutte,  non ammazzo nessuno,  anzi direi il contrario,  e quindi ho un movente,  un'occasione, e un'arma. In quanto all'inutile, vorrei provare a raccontare cosa è lo shiatsu dal punto di vista di un operatore, il che,  mi direte,  "ma che ce frega?" appunto. Il web non ha sicuramente bisogno dei miei scritti,  già ne ha fin troppi sul mio altro blog,  While Slowly Going Nowhere,  e proprio per questo io glieli do in pasto. Benvenuti.